(A PAOLO GORINI)
Un di’ d’autunno, al tramontar del sole,
In un ermo giardino entro’ la Morte;
E impallidir le rose e le viole
Presaghe di lor sorte.
Le foglie, scosse da leggiero vento
E per sottil pioviggin lagrimanti,
Siccome colte da orribil spavento
Si fecero tremanti.
E dal bigiastro ciel, parlando ai fiori,
Disse una voce: “Cosi’ vuole Iddio!
“Voi dovete morire!–Addio colori!
“Olenti effluvii, addio!”
E la Morte passava.–Un’armonia
Di indistinti sospiri e di lamenti
Sorgea dovunque, ovunque la seguia
Nei sentieri silenti.
Eran sospiri timidi, repressi,
Come il fruscio d’un abito di dama
Che va di notte a colpevoli amplessi;
Era un pianto, una brama
Di restar fiori e foglie un giorno ancora.
Un povero giacinto domandava
Di lasciargli veder la nuova aurora…
Ma la Morte passava.
Il giranio avvizziva; le viole,
Baciandosi fra lor con aria mesta,
Diceansi addio, e sull’umide ajuole
Chinavano la testa.
Solo una rosa, una fulgida rosa
Dal vivace color, nata il mattino,
Surse a lottar, fidente e coraggiosa,
Coll’avverso destino.
E alla Morte grido’: “Perche’ degg’io
“Morire adesso che son nata or ora?
“La mia parte di vita io chieggo a Dio…
“Io vo’ vivere ancora!”
“Perche’ vivere ancor?”–chiese la Morte.
“Perche’ ho terror del nulla…”–“Erri; m’ascolta:
“Morir non e’ svanir, ma cambiar sorte,
“Nascere un’altra volta…
“La mia man non distrugge, ma trasforma;
“Apportatrice di vita indefessa,
“La Materia non muor; muta la forma,
“Ma la creta e’ la stessa.”
–“Lasciami dunque la forma presente,
“Con te non mi lagnai della mia sorte.
“Io voglio restar rosa eternamente!…”
–Le rispose la Morte:
“E che dira’ la terra, a cui tu devi
“Porger te stessa in provvido alimento?
“Tu dalla morte altrui vita ricevi;
“A te l’altrui tormento
“Da’ l’esistenza; il loto che si muta
“Nel tuo stelo e le foglie ti colora,
“Muore anch’ei; d’esser rosa ei si rifiuta
“Ma pur convien ch’ei mora!…
“A che tanto terror?… Prima d’un mese
“Che saran le tue foglie?… Od aria o loto.
“Per ridonarle a te, l’April cortese
“Le fara’ d’aria e loto.
“La stessa brama, che tu senti, avranno,
“Morir dovendo, l’aria e il loto allora…
“Ma poi, mutati, Iddio benediranno
“D’essere rose ancora…
“Benediran l’Ente Infinito e Ignoto
“E d’esser rose lo ringrazieranno,…
“Per poi lagnarsi il di’ che in aria o loto
“Rimutarsi dovranno!
“E’ un’assidua vicenda!…–Il neonato
“E’ vecchio quanto il Tempo!–E’ un’infinita
“Catena!… Tutto muore!… E nel Creato
“Freme eterna la vita!…”
Tacque e passo’.–Cadean le foglie a mille
Giallastre e secche; e dietro i tenui fusti
Biancheggiavan le mura delle ville;
E gli sfrondati arbusti
Parevan membra di bimbi malati
Usciti da mefitici ospedali;
Borea scopava coi buffi gelati
Le foglie nei viali;
E intorno, intorno, un susurro s’udia
Confuso e fioco, come il suon lontano
D’un’arpa, cui chiedesse un’armonia
Un’aerea mano.
Era un canto di grazie; era un concento
Che nel vespro nebbioso si perdea;
Le foglie e i fior caduti, a cento, a cento
Lo ripetean.–Dicea:
“Ave, o Signor, che ci desti la vita,
“Che loto ed aria quaggiu’ ci mettesti!
“Possente Iddio, la tua bonta’ infinita
“Fa che si manifesti!…
“Possente Iddio, ci manda un po’ di piova!
“Possente Iddio, ci manda un po’ di neve!
“E tien lungi l’April, che in forma nova,
“Aime’, mutar si deve!
“Deh!… Tien lungi l’Aprile!… Ave, o Signore!
“Noi siamo lieti della nostra sorte…
“L’April tien lungi, che’ mutarci in fiore
“Vuol dir darci la morte!”
(Ferdinando Fontana)
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