A EUGENIO TORELLI-VIOLLIER.
Pietre, da tanti secoli
In un bacio congiunte,
Travi e barre, dall’acqua
E dal sole consunte,
Barcollanti casipole,
Ieri viventi ancora,
Oggi il Tempo vi mormora:
“E’ giunta l’ultim’ora!”
Il Tempo!… Il triste scettico;
L’era, l’anno e l’istante;
L’orco che mangia i popoli;
L’impassibil quadrante;
La sfinge inaccessibile;
Il mistico serpente,
Che afferra, eterno circolo,
La sua coda col dente.
In un nembo di polvere
Cadon le vecchie mura;
Sembran colte le tegole
Da un’orrenda paura;
Ed i balconi, vedovi
D’imposte e senza vetri,
Sovra i passanti guardano
Come occhiaje di spetri.
Povere case!… Il rantolo
Della vostra agonia
Fu lungo!… Il di’ novissimo
Lentamente venia!
Barbari sempre, gli uomini
V’han fatto i funerali,
Pria che cadeste vittime
Sotto i colpi mortali.
E accanto a voi scolpirono,
A scherno, in questi giorni,
Di fastosi palagi
I superbi contorni.
Ah! quei colossi risero
Di voi pigmei morenti,
E piu’ amari vi fecero
I fatali momenti!
Povere case!… Io vagolo
A voi dintorno.–E’ notte.
E l’ombre dalle fiaccole
Rosseggianti son rotte;
E, somiglianti ai demoni
Cui l’eccidio conduce,
I pionieri nereggiano
Sugli sprazzi di luce.
Ed io penso alla storia
Delle mura cadenti;
Ai drammi, alle commedie,
Agli idilii innocenti
Che si ordiron per secoli
Nelle piccole stanze
Ed impressero un marchio
Sulle umane sembianze.
Ed io penso alle veglie,
Alle insonnie, ai riposi,
Alle fedi, alle infamie,
Ai convegni amorosi,
Ai sorrisi, alle lagrime,
Ai di’ foschi, ai di’ lieti,
Ai poemi che videro
Quelle quattro pareti!
Oh!… non ridete, splendide
Case dai freschi ornati,
Palagi da una magica
Mano in un di’ creati!
Or tutti a voi sorridono
Con beata alterezza
Ed i vostri muri spirano
La balda giovinezza….
Ma verra’ il di’ che i posteri
Vi chiameran capanne,
Ed al suolo abbattendovi,
Come fragili canne,
Tesseranno una lirica
Sovra i detriti immani….
Piu’ caduchi edifizii
Innalzando il domani!
Tu sol, bigio fantasima,
Gotico tempio altero.
Tu, frastaglio di guglie,
Tu, gigante severo,
Vedrai le metamorfosi
Dei giorni che verranno,
Sogghignando alla gioja,
Sogghignando all’affanno!
Finche’ il Tempo, il terribile
Tarlo che rode il mondo,
Verra’ te pure a spingere
Nell’abisso profondo;
E forse, fra un millennio,
Quivi sostando un uomo,
Tentera’ di far credere
Che tu esistevi, o Duomo!….
Eugenio, sono effimeri,
Al par di queste stanze
D’ogni mortale i gaudii
I pianti e le speranze;
Il passato e’ macerie
Su cui sorge il presente,
E l’avvenire e’ il figlio
D’un vegliardo cadente.
Oh! umani eventi! oh! frivole
Parvenze d’un istante!
Perche’ dunque ci esagita
Questa febbre incessante?
Perche’ dunque sussistono
Il sepolcro e la culla?
Perche’ mai tanto fremito
Se tutto attende il Nulla?
Perche’?… Perche’ lo struggere
E il crear son la vita;
Perche’ la noja e’ l’unica
Larva da noi fuggita;
Perche’ questa e’ l’armonica
Legge dell’universo;
Perche’ senz’essa il cerebro
Non mi darebbe un verso!
(Ferdinando Fontana)
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