La falange dei secoli stanotte
Si accrescera’ d’un milite novello;
E di tanti dolor, di tante lotte,
Di tante gioje, raccolte in un anno,
Forse un’eco infedele per memoria
I di’ venturi avranno!
Per legger dentro ai secoli remoti
Noi meditiam la forma d’un avello;
E i nostri figli, cui sarem mal noti,
Mediteran nei nostri cimiteri,
Dei nostri eventi tessendo la storia
E dei nostri pensieri.
E strana legge!… I tumuli silenti
Serban per lunghe etadi la parola,
Mentre le mille voci delle genti
Duran lo spazio che dura un istante,
E vanno dei superstiti a morire
Nel frastuono incessante!
Ah!… Chi potra’ afferrar l’attimo arcano
Che al tempo stesso sussiste e si invola?!
Chi mai potra’ indicar con ferma mano
Il limite sottil che fu segnato
A divider fra loro l’_avvenire_,
Il _presente_ e il _passato?!_
E noi viviamo; ed ogni di’ che fugge
Segna una ruga sulla nostra fronte;
E un’agonia lentissima ne strugge;
E, tremebondi, a noi stessi chiediamo
Se esisterem, trascorso un anno, ancora;
E mormoriam: _”Speriamo!”_
E interroghiamo gli eventi passati,
E gli amori, e i dolori, e l’ire, e l’onte;
E dai mille fantasimi evocati
Attendiam le speranze ed i conforti,
Baciando i figli che vedon l’aurora
E ripensando ai morti.
Oh!… Tomba sconfinata!… Oh! Eterno Nulla!
Tremendo Iddio che le esistenze ingoi!
Oh! Infinito cammin!… Campagna brulla
Dai nebbiosi orizzonti!… Oceano
Sovra i cui flutti non scerne la sponda
L’ansioso sguardo umano!…
Dimmi, rispondi, che son divenuti
I giorni senza numero, e gli eroi,
E i popoli, che in sen ti son caduti?
Che mai facesti tu di tanta polve
Che, come l’onda s’accavalla all’onda,
Su se’ stessa s’avvolve?
Che mai facesti tu di tante glorie,
Di tanti pianti e di tanti sorrisi?
Che giovano ai presenti le memorie
Se chi lasciolle eternamente e’ spento?
Oh!… Triste scherno!… Un’era di mill’anni
S’accoglie in un accento!
Oh!… Triste scherno!… Il mozzicon di sego,
Nella cui scialba fiamma ho gli occhi fisi
E presso a cui scrivo e bestemmio e prego,
Val piu’ dei raggi insiem moltiplicati
Che piovvero dal sol su gaudi e affanni
Nei secoli passati!
Oh!… Triste scherno!… Il mio vecchio bastone
Vale gli scettri dei re che son morti!
Il mio gramo cappel val le corone
Che il tempo infranse! E il mio mantel sdruscito
Val le toghe di porpora e di bisso
Del popolo quirito!!!
Cesare, Carlomagno e Bonaparte
Ove siete?… Ove siete?… I volti smorti
Spingete, o spettri, sovra queste carte….
Datemi voi l’accento arcano, il verso,
Ond’io possa descrivere l’abisso
Su cui sta l’Universo!
…………………………..
Io mi prostro!… In un’orgia di visioni
S’accascia la briaca fantasia….
Veggo mari di sangue, e templi, e troni
Accatastati, e altari, e deliranti
Moltitudini, e donne, e bare, e fiori,
E spade luccicanti….
E tutta questa baraonda vola
Dinanzi agli occhi della mente mia;
S’apre ogni bocca e non dice parola;
Batte ogni piede ed un fruscio non s’ode;
E, in fondo a un bujo ciel, senza fragori,
Ogni folgore esplode.
Talor frammezzo alla gente piccina
Giganteggia d’un Genio la figura;
Socchiusi gli occhi e colla fronte china
Passano i savi delle eta’ trascorse,
Color che innanzi all’arduo problema
Hanno esclamato: _Forse!_
Ed io, fiutando l’aura che circonda
Questa turba ideal che fa paura,
Sento le nari tormentarmi un’onda
Di lezzi e di profumi; una miscela
D’odor d’alcove e di tombe; l’emblema
Che la carne rivela!
…………………………..
Dal suolo, ov’io gemevo, rovesciato
Come un tronco cui svelse la bufera,
Io mi sollevo.–Il mio sogno e’ passato,
Al pari d’ogni gente e d’ogni evento;
Sorgo e, senza nudrir stolide fedi,
Alla vita mi avvento.
E a lei mi stringo, a questa grama vita
Irta di noje, vana e passaggiera,
Ma che all’avida bocca inaridita
Puo’ ancor porger la mistica mammella!
A questa vita, il solo _maravedi_
Dell’umana scarsella!
Dolce tesor di mie brevi giornate,
Io ti vo’ spendere in luce e in amore,
In lagrime e in ebbrezze spensierate!
Ah!… Ch’io frema!… Ch’io viva!… E’ nulla il resto!
Muoja chi non vuol vivere!… I piagnoni,
Non morti, io li detesto!…
Io spariro’ pria che i capelli bianchi
M’abbian cinta la fronte, ed ho poche ore,
Ma vo’ morir colla testa sui fianchi
Ignudi d’una donna amata e bella,
Ripetendo le libere canzoni
Di mia mente rubella!
(Ferdinando Fontana)
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