Egli visse sognando e sogna ancora
Chiuso per sempre in questa negra bara;
Sogna il tripudio della nuova aurora
E il fior, che per il maggio si prepara.
Quand’ei moveva per le nostre vie
Parlava sempre del supremo giorno,
Ed un nembo di canti e d’armonie
Al grosso capo gli aleggiava intorno.
E poi che il guardo umano invan s’attenta
Di legger della Morte nei misteri,
Ei rafforzava la pupilla lenta,
Oppur tarpava il volo ai suoi pensieri.
E, spaventato dal fatal problema,
Triste amatore d’un’estasi arcana,
Cantava a se’ medesimo un poema
Inebbriando la sua forma umana!
Or, ditemi, fu in lui colpa o sventura
Questo dispregio dei nostri costumi?
Dobbiamo noi su questa sepoltura
Rammentar la sua vita o i suoi volumi?
E’ vero!…. E’ vero!…. Ei calpesto’ un affetto,
Che men compianta potea far sua vita!….
E’ vero!…. E’ vero!…. Al domestico tetto
Per lui la mensa fu di duol condita!….
Ma chi di noi, sovra il proprio cammino,
Non calpesto’, rimpiangendolo, un fiore?…
Nascer poeta e’ orribile destino!
Il cerebro talor soffoca il cuore!
Oh! guai nascer poeta ove la Musa
Non trova il pane per nudrire i figli!
Ove ogni sciocco delle labbra abusa
Per esser largo solo di consigli!
Oh! guai nascer poeta ove il sol splende
Ed infervora i cantici ispirati,
Ma dove l’uomo allori e culto rende
Soltanto ai pensatori trapassati!
Costui vivra’ da pochi consolato,
Fra il bivio orrendo d’essere un buon padre,
O di spezzar la cetera indignato,
Per altre volutta’ meno leggiadre!
Costui vivra’ la famiglia cantando,
La famiglia ideal,–cui dritto avea–
E ch’egli dove’ perder lagrimando….
Che’, coi versi, nudrir non la potea.
Noi, cui sorride l’italo orizzonte,
Siamo un popol di bimbi analfabeti!
Da qualche lustro appena alziam la fronte….
Siam troppo grami per pagar poeti!
Non turbi adunque questo popol gramo
Il sepolcro d’un povero cantore….
Meditiam la sua vita e confessiamo
L’ignoranza d’un secolo e l’errore!
Emilio! Emilio!… Son le tue parole
Ch’io ripeto commosso… e (lo rammento)
Da te un giorno le udii che le viole
Dicean l’april con profumato accento.
E tu piangevi per le tue sventure,
Antiveggendo questo estremo istante,
Senza sentirne le viete paure
E mentre il viso tuo parea raggiante!
Poi soggiungesti sorridendo: “Amico,
“Quando mi porteranno al cimitero
“Verrai tu pure, com’e’ l’uso antico,
“A far dei versi sul mio drappo nero;
“Ma ti ricorda degli accenti miei,
“Ed agli astanti, quel di’, li ripeti….
“Se tu prima morissi, io li vorrei
“Ripetere fra i mille sepolcreti.
“E la’, dove la Morte i ricchi accoglie
“E i poveri del par, tutti eguagliando,
“Mi parria che dovrebber le tue spoglie
“Ascoltare i miei versi giubilando!”
…………………………
Quest’oggi, in cui la legge di Natura
Te primo, Emilio, al di’ fatal condusse,
D’ogni giogo servil la mente pura,
Pieno il cor delle mie fedi inconcusse,
Io vengo a replicar su questa bara
Le tue parole; io compio il tuo desio….
E sento, amico, che mi e’ meno amara
L’ultima volta che ti dico: Addio!
(Ferdinando Fontana)
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