(A GIUSEPPE GIACOSA)
Oh!… Il bel tempo dei miracoli,
Dei giulivi menestrelli,
Delle fate, degli spiriti
E dei magici castelli!
Oh! il bel tempo dei pigmei,
Delle imprese e dei tornei!
Oh!… Il bel tempo delle maglie,
Dei vestiti di velluto,
Quando Iddio, la dama e il trono
Si rubavano il tributo,
E cantavasi il perdono
Sul motivo dei fendenti,
Ed insieme pullulavano
I castelli ed i conventi!
Oh!… Il bel tempo dell’assiduo
Alternar di paci e guerre,
Quando i vescovi aggiravansi
Cavalcando per le terre,
Mentre ai pie’ delle Eminenze
Chiedean tutti le indulgenze!
Beppe, il mondo di quell’epoca
Pare un mondo immaginario!
Il ladron della mattina
Bacia a sera un reliquiario;
Sulla massa che cammina,
Come pecore attruppate,
S’erge sempre, quasi a bussola,
Il cocuzzolo d’un frate.
* * * * *
Eran piu’ che innumerevoli
I colori delle tonache;
Una mistica lussuria
Dava l’estasi alle monache;
E cantavansi a distesa
Inni e salmi nella chiesa.
Sovra un asse Frate Angelico
Dipingea le sue Madonne;
Sempre azzuro il manto aveano,
Sempre rosse avean le gonne;
N’era il capo incoronato
Da un bel circolo dorato.
Gli alchimisti si sfiatavano
Sulle brage dei fornelli;
I teologi soffiavano
Nei fanatici cervelli;
Il delirio universale
Era l’or filosofale.
Si chiedeva allo Zodiaco
L’avvenir delle persone;
I romiti fabbricavano
Le medaglie e le corone;
E diceano i benefici
Dei flagelli e dei cilici.
Come noi si va in America,
Lor si andava in Palestina;
Qual tesor ne riportavano
Una scheggia peregrina
Della croce di Gesu’….
Ne’ chiedevano di piu’!
* * * * *
Oh!… I corteggi all’Evo Medio
Nei trionfi e nelle feste!
Oh! i cavalli, i fanti, i carri,
L’oro e i drappi sulle teste!
Eran splendidi e bizzarri
I corteggi d’un possente,
Smaglianti come il crotalo
Sotto il sol d’Affrica ardente.
Nani, alfieri, paggi e chierici,
Gente bella e foggie strane
E buffoni e trovatori
E vezzose castellane
Ed in mezzo ai gran signori,
Del suo prence a mano manca,
La ventraglia d’un cenobita
Su una mula tutta bianca!
Imbandiansi sulle tavole
Le vivande in piatti d’oro;
Il vestito delle dame
Era un piccolo tesoro:
Della plebe il brulicame
Facea ressa nelle vie,
Quando andavano a godersela
Monsignori e Signorie.
Poi le danze! Al suon di pifferi
Di sirvente e di mandole
_Tarantelle e cavalloggie_
Alternavansi a _spagnole_;
E, vedute dalle loggie,
Quelle genti a piu’ colori
Un gran mazzo ti parevano
In cui vita aveano i fiori.
* * * * *
L’Evo Medio si compendia
Nella chiesa e nel castello;
Dominavan le nazioni
Un guerriero o un fraticello;
Fra le mille devozioni,
(Sacerdote il trovatore)
Una sola era pregevole,
Beppe: quella dell’amore!
Nelle chiese c’era l’organo,
Avean trombe i cavalieri,
Ma la musica del popolo
Era quella dei trovieri
E le libere parole
Uscian fuor delle mandole.
Oh!… I bei tempi!… Il nostro secolo
E’ una nenia e non un canto!
Noi siam lucciole sbiadite,
Essi il fuoco, essi l’incanto!
Oggi i bozzoli e la vite
Ci preoccupan l’idea
Piu’ dei lauri e della gloria
D’una bellica epopea!
Oh!… I bei tempi!… Eppur s’io medito
Sulle stragi dei possenti;
S’io ricordo il Sant’Uffizio
Ed i roghi dei sapienti;
S’io rifletto alle baldanze
Di tiranniche ignoranze;
Benedico le vittorie
In onor dei Veri eterni,
E il prosaico vestimento
Dei filosofi moderni;
Benedico dei presenti
La volgar monotonia;
Nella scienza e nei negozii
Trovo ancor la poesia!
Penso, e’ ver, che in tutti i secoli
Si pareggian beni e mali;
Che gli umani desiderii
Han confini sempre eguali….
Ma davver sono contento
Di non viver nel _trecento_.
(Ferdinando Fontana)
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